L’Agenzia delle Entrate ha fornito precisazioni in merito al trattamento tributario ai fini IVA dei “buoni acquisto o regalo (token) e buoni sconto circolari(Talento)”, con Risoluzione del 22.02.2011 n. 21
L’Agenzia delle Entrate con Risoluzione Ministeriale del 22.2.2011, n. 21/E ha fornito chiarimenti in merito al trattamento Iva applicabile ai buoni acquisto o regalo emessi da una società che organizza tale servizio ed utilizzabili solo presso alcuni esercizi commerciali convenzionati per l’acquisto di determinati beni o servizi.
L’Agenzia delle Entrate fa riferimento alla posizione dell’Amministrazione su una questione analoga con le circolari n. 502598 del 1° agosto 1974 e n. 27 del 9 agosto 1976, aventi ad oggetto il trattamento fiscale ai fini IVA dei c.d. “buoni benzina”.
In tale sede era stato chiarito che i buoni/voucher utilizzabili per l’acquisto di beni e/o servizi non possono qualificarsi quali titoli rappresentativi di merce, bensì quali semplici documenti di legittimazione ai sensi dell’articolo 2002 del codice civile. In sostanza, il buono può essere considerato alla stregua di un documento che consente l’identificazione dell’avente diritto all’acquisto di un bene o di un servizio, con la possibilità di trasferire tale diritto senza l’osservanza delle forme proprie della cessione. Ne consegue che la circolazione del buono medesimo non comporta anticipazione della cessione del bene cui il buono stesso dà diritto e non assume rilevanza ai fini IVA. In particolare, pur in assenza di un’espressa regolamentazione della specifica fattispecie, si ritiene che la cessione dei titoli di legittimazione possa essere ricondotta nell’ambito applicativo dell’articolo 2, terzo comma, lettera a), del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, ai sensi del quale “Non sono considerate cessioni di beni … a) le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro;”. Secondo l’Agenzia, tali conclusioni si rendono applicabili anche con riferimento ai “buoni acquisto o regalo”acquistati da aziende per la successiva consegna gratuita a propri dipendenti o a clienti e fornitori per finalità promozionali e spendibili per un importo pari al valore facciale per l’acquisto di beni e/o servizi presso una rete di esercizi commerciali convenzionati. Alla luce della qualificazione dei buoni quali documenti di legittimazione, si formulano le seguenti osservazioni.Si ritiene che la cessione dei buoni effettuata dall’emittente a favore dell’azienda cliente non assuma rilevanza ai fini dell’IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a), del DPR n. 633 del 1972. In sostanza, in questa fase, la circolazione del documento di legittimazione non integra alcuna cessione di beni o prestazione di servizi ed il relativo pagamento assume carattere di “mera movimentazione di carattere finanziario”. Dovrà essere, invece, fatturato separatamente, con aliquota ordinaria, qualsiasi eventuale servizio prestato dall’emittente verso corrispettivo specifico quale stampigliatura, personalizzazione, consegna a domicilio, etc.
La successiva distribuzione gratuita del buono acquisto ai dipendenti o a clienti e fornitori risulta anch’essa fuori campo di applicazione dell’IVA, ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a), in quanto la circolazione dei titoli di legittimazione è assimilabile ad una mera movimentazione di carattere finanziario.
L’esercizio commerciale convenzionato cede beni/presta servizi ai portatori dei buoni acquisto al prezzo ordinario di vendita, con la particolarità che l’intero prezzo o una parte di esso viene assolto attraverso la consegna dei buoni acquisto medesimi (assunti al valore facciale). Riguardo tale operazione, si ritiene che la base imponibile per l’esercizio commerciale a fronte della vendita/prestazione a favore di un consumatore finale sia costituita dall’intero prezzo al minuto, comprensivo sia del prezzo effettivamente versato dal consumatore finale in contanti (o con modalità analoghe) che del valore facciale dei buoni acquisto. Come chiarito dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee nella causa C-398/99 (Yorkshire Co-Operatives Ltd) con riferimento all’ipotesi dei buoni sconto (operazione che si svolgeva con modalità comunque analoghe all’ipotesi prospettata nell’istanza di interpello), “… il produttore che emette il buono sconto può essere considerato terzo rispetto all’operazione intervenuta tra dettagliante beneficiario del rimborso del valore del buono sconto ed il consumatore finale che ha utilizzato tale buono”. Inoltre, il fatto che una parte del corrispettivo percepito per la cessione del bene “non sia stata materialmente versata dal consumatore finale stesso, ma sia stata messa a sua disposizione, per conto del consumatore finale, da un terzo, estraneo a tale operazione, non assume alcuna rilevanza ai fini della determinazione della base imponibile di tale dettagliante” (in tal senso, anche la sentenza emessa nella causa C-427/98, Commissione/Germania). In sostanza, il “corrispettivo soggettivo” per il dettagliante (ossia il corrispettivo realmente percepito con riferimento al caso concreto, secondo la nozione data dalla Corte nelle sentenze emesse nella cause C-154/80 e C-230/87, in seguito più volte richiamate dalla stessa Corte) si compone del prezzo integrale della merce, che è pagato in parte dal consumatore finale e in parte dal produttore; i buoni rappresentano per il dettagliante il diritto a ricevere dal produttore un rimborso pari all’importo indicato sul buono consegnato dal consumatore, il cui valore nominale deve essere incluso nella base imponibile del dettagliante medesimo. In conclusione, l’esercizio convenzionato, al momento di effettuazione dell’operazione – da determinarsi ai sensi dell’articolo 6 del DPR n. 633 del 1972 – emette regolare scontrino/fattura con IVA per l’intero prezzo del bene/servizio dovuto dal consumatore finale, a prescindere dalle modalità di pagamento dello stesso (integralmente con buoni ovvero in parte con buoni e in parte contanti o altri mezzi).
Il rimborso del valore facciale dei buoni da parte della società emittente costituisce un’operazione non rilevante ai fini dell’IVA, ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a), del DPR n. 633 del 1972. Si ritiene, in sostanza, che anche in tale fase si verifichi una mera movimentazione di carattere finanziario. Tale conclusione trova conferma nelle statuizioni dei giudici comunitari (v. sentenza emessa nel caso Yorkshire, sopra richiamata), a parere dei quali “… la somma rappresentata dal valore nominale dei buoni costituisce per il dettagliante ‘elemento dell’attivo’ conseguito al momento del loro rimborso e che gli stessi devono essere considerati, nei limiti di tale valore, come mezzi di pagamento”. Costituisce, invece, operazione rilevante ai fini IVA – per la quale dovrà essere emessa la fattura – il pagamento della commissione e di ogni eventuale ulteriore e diversa prestazione da parte dell’esercizio convenzionato a favore della società emittente.